Ansia e attacchi di panico
Il disturbo d'ansia è caratterizzato dalla presenza di una paura costante, invasiva senza la presenza di un pericolo concreto, esterno. Ci può essere questa discrepanza in quanto il pericolo si suddivide in percepito e reale, il primo è frutto del modo in cui la nostra mente legge ed interpreta il mondo esterno, il secondo è correlato alla realtà esterna oggettiva. Provando a sintetizzare, potremmo dire che nel disturbo d'ansia la persona vede un pericolo laddovè non c'è, senza segnali reali che testimoniano la presenza di una possibile minaccia.
Esistono diversi tipi di ansia: di separazione (la paura di perdere qualcuno), di castrazione (timore di ricevere un danno al nostro corpo), morale (paura di trasgredire i propri valori), annichilimento (paura di essere sopraffatti in modo catastrofico, ovvero di essere distrutto ed invaso), frammentazione (disintegrazione del Sè), persecutoria e paure irrazionali di poter far del male ad una persona cara.
Gli stati d'ansia sono accompagnati da una serie di sintomi cognitivi, ovvero le preoccupazioni percepite interferiscono negativamente con le nostre performance. Nello specifico, ci possono essere difficoltà a concentrarsi o mantenere l'attenzione, si è facilmente distraibili e si presentano problemi di memoria. Questo accade perchè la memoria è strettamente correlata con l'attenzione, se non riusciamo ad essere attenti non siamo in grado neppure di memorizzare le nozioni che ci vengono presentate. La memorizzazione delle informazioni in ingresso è strettamente correlata all'attenzione.
I sintomi somatici, legati alle sensazioni corporee, sono: tensione muscolare, sudorazione ai palmi delle mani, sensazioni di farfalle nello stomaco o di una benda stretta attorno alla testa, stimolo continuo di urinare, difficoltà nella respirazione. Si possono riscontrare, inoltre, anche sintomi di depersonalizzazione (sensazione di distacco dal proprio corpo), o di derealizzazione (allontanamento dalla realtà esterna). In generale, si presenta un attivazione costante e prolungata del sistema nervoso autonomo responsabile delle sensazioni sgradevoli descritte precedentemente. La nostra mente si comporta, biologicamente, come se si dovesse preparare a fronteggiare un pericolo imminente, attivando il sistema attacco-fuga.
La presenza dei sintomi cognitivi e somatici, durante gli stati d'ansia, portano alla formazione di una "paura della paura" definita anche come "ansia anticipatoria", ovvero il timore che in quel contesto specifico si possano presentare i sintomi ansiogeni. Per questo motivo, la persona è portata ad evitare le situazioni che scatenano l'ansia nella speranza di non sperimentare più queste sensazioni sgradevoli. Il problema è che evitando le situazioni, il cerchio si chiude sempre più, ovvero con il tempo aumenteranno i contesti evitati e le limitazioni senza assistere ad alcun miglioramento della propria ansia.
Ma perchè evitando la situazione specifica l'ansia non svanisce?
La situazione o il contesto in cui si è presentato l'ansia rappresenta l'oggetto e non la causa, ovvero non è il treno in se per se, ad esempio, a generare la nostra ansia. La situazione del treno diventa il modo che la nostra ansia trova per emergere, infatti l'oggetto può essere tranquillamente cambiato. Per questo motivo può accadere, infatti, che la persona possa provare ansia per altre situazioni o semplicemente avvertire una sensazione di ansia costante e generalizzata svincolata da situazioni, contesti o oggetti specifici.
Ma allora, cos'è l'ansia?
Come descrisse Freud, le rappresentazioni psichiche cariche d'angoscia e che non riescono ad essere rimosse vengono slegate tra di loro per opera del meccanismo difensivo della scissione. Queste rappresentazioni slegate danno origine ad un angoscia libera, un sentimento d'ansia generalizzata. L'angoscia libera, restando confinata nello spazio psichico interno, darà vita ad una sensazione di "pericolo, agitazione interna" poichè la carica affettiva non riesce a trovare altra strada d'espressione.
In altre circostanze, invece, l'ansia libera può essere convertita nel soma, come nel caso dell'isteria da conversione, oppure si possono creare dei falsi nessi e, dunque, possono essere legati a nuovi contenuti ideativi. Per opera del meccanismo difensivo della proiezione, il contenuto psichico angosciante, pericoloso, viene legato ad un oggetto esterno. Quando l'ansia si lega alla paura di una situazione oppure di un oggetto specifico si ha la formazione di una fobia.
L'ansia è una comunicazione della nostra mente, un campanello d'allarme che ci fa intuire come ci siano delle situazioni irrisolte, che non sono state mai elaborate mentalmente. L'ansia è un accumulo di questioni irrisolte e di un confine dentro-fuori deficitario, indebolito. Nell'ansia, infatti, le persone fanno molta fatica a distinguere il proprio mondo interno, i contenuti della propria mente, da quella delle altre persone risultando confusi sulla propria persona e dipendendo dagli altri. Di solito la persona ansiosa cerca di aggrapparsi ad una persona cara per non sentirsi sopraffatta dalle proprie paure.
L'attaccamento morboso alla persona, per fronteggiare gli attacchi d'ansia, rappresenta un espressione dell'incapacità di rimanere da soli. Winnicott affermava che la capacità di rimanere da soli è un acquisizione, infatti testimonia la presenza di un senso di Sè sicuro, contenitivo che si è potuto sviluppare in un ambiente sufficientemente buono. In questo caso l'espressione "essere soli con se stessi" è da intendersi mentalmente e non fisicamente, ovvero si può essere soli tappando i propri pensieri impegnandosi in tante attività, pensando a tutte le cose da fare (facendo una sorta di lista mentale), oppure facendo uso di sostanze, del fumo, dell'alcool. La nostra psiche può creare anche un legame con un oggetto, sostanza, il principio non cambia. Essere soli con se stessi significa riuscire a lasciarsi andare ai propri pensieri, alle catene associative senza timore.
Avendo un idea più chiara del funzionamento dell'ansia, possiamo chiederci come intervenire.
L'unico modo per affrontare l'ansia è quella di creare le condizioni affinchè il paziente possa elaborare, e di conseguenza, contenere l'angoscia generata dal collegamento iniziale tra le rappresentazioni psichiche che sono state slegate, inizialmente, dall'azione della scissione in modo tale da favorire la rimozione. Solo il materiale "digerito", elaborato psichicamente può essere rimosso. La rimozione non significa cancellazione, dimenticanza ma mettere un contenuto mentale da parte, fare in modo che questo possa ritornare alla nostra coscienza per poi essere nuovamente rimosso, più e più volte. Quando, nel senso comune, ci viene detto "non pensarci" si parla di rimozione, è come se ci dicessero "rimuovilo". Pero, differentemente da quanto si dice e si pensa, per non pensarci (rimuoverlo) bisogna prima pensarci, elaborarlo mentalmente altrimenti la rimozione rischia di trasformarsi in diniego (come nel caso della psicosi, dove un pezzo di realtà psichica viene cancellata come se non fosse mai esistita) o negazione (fare finta che non ci sia essendo a conoscenza della sua esistenza).
Per affrontare l'ansia bisogna, dunque, soffermarsi ed imparare ad ascoltarsi allo scopo di affrontare le questioni irrisolte trascurate che, con il passare del tempo, si possono sommare a nuove questioni derivanti dagli accadimenti di vita creando l'effetto dell'accumulo: un granello rischia di trasformarsi in un deserto.
Nella spiegazione del concetto di ascolto di se stessi bisogna anche e, soprattutto, tener presente del concetto di Bion secondo cui l'elaborazione dei pensieri richiede anche la presenza di un contenitore. In alcune situazioni non c'è stata la possibilità di sviluppare un "contenitore", un apparato psichico in grado di elaborare i contenuti psichici. In terapia, lo psicoanalista svolge una funzione di reveriè materna, ovvero riceve e vive gli elementi beta del paziente (materiale psichico grezzo, non elaborato) trasformandoli in elementi alfa (materiale psichico elaborato e digerito) che potranno essere introiettati dal paziente. Con il tempo, il paziente introietterà anche la funzione di reverie imparando, da solo, a trasformare gli elementi beta in alfa.











