la fobia
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Il termine fobia deriva dal greco phobas e significa timore, paura morbosa. Le fobie sono delle paure divoranti, cariche d'angoscia, nei confronti di una situazione o di un oggetto che non trovano una motivazione razionalmente a sostegno di tali paure. A differenze delle paure, nelle fobie il timore non trova sollievo anche quando vengono smentite da un controllo della realtà. Le fobie sono governate da fantasie di estremo pericolo nei confronti di oggetti o situazioni. Nonostante la persona riconosca l'irrazionalità delle sue fobie, non è in grado di controllarle e di non esserne sopraffatto.
Le fobie possono presentarsi in forma mutevole o fissa, essere transitorie (come accade di frequente nell’infanzia) o invece croniche, e condizionare in modo più o meno invalidante la vita di una persona a causa delle restrizioni che esse “impongono”.
Come descrisse Freud, le rappresentazioni psichiche cariche d'angoscia e che non riescono ad essere rimosse vengono slegate tra di loro attraverso l'uso del meccanismo difensivo della scissione. Queste rappresentazioni slegate danno origine ad un angoscia libera che può essere convertita nel soma, come nel caso dell'isteria da conversione, oppure si possono creare dei falsi nessi e, dunque, possono essere legati a nuovi contenuti ideativi. Per opera del meccanismo difensivo della proiezione, il contenuto psichico angosciante, pericoloso, viene legato ad un oggetto esterno.
H. Segal ritiene che lo scopo della fobia è quello di proiettare le proprie fantasie persecutorie e di fissarle in situazioni esterne e, quindi, evitabili. La differenza sta proprio in questo concetto, si può scappare o gestire meglio un qualcosa di esterno rispetto a contenuti interni, presenti nella propria mente.
Per spiegare meglio questo concetto, immaginiamo una situazione in cui una persona è cresciuta con una coppia genitoriale priva di amore, che era unita solo dalla presenza dei figli. Per la mente del soggetto risulta essere meno doloroso proiettare questo suo vissuto su un altra coppia, i suoi suoceri ad esempio, accusandoli e giudicandoli rispetto al vedere il distacco emotivo dei propri genitori. La scissione (rompere il legame tra rappresentazioni psichiche originarie) e la proiezione (all'esterno) servono, dunque, per mitigare l'angoscia: è meno doloroso vedere i problemi di coppia dei suoceri rispetto a quello dei propri genitori.
Come ci ricorda Freud (1938) "lo spazio (il mondo esterno) può essere la proiezione dell'estensione dell'apparato psichico....la psiche è estesa, di ciò non sa nulla". La psiche si estende nel mondo esterno e questo è dimostrato dall'esistenza di meccanismi difensivi che agiscono sul confine dentro/fuori: la proiezione, identificazione proiettiva (fare in modo che una persona agisca dei contenuti psichici da noi proiettatogli), introiezione (prendere parti dall'esterno, dalle altre persone), incorporazione (incorporare, in modo inconsapevole, parti esterne come se fossero nostre). Questi meccanismi funzionano proprio perchè la psiche "di ciò non sa nulla", non è consapevole, cosciente di queste continue estensioni, diramazioni nel mondo esterno.
Fairbairn (1952) sottolinea l'aspetto ambivalente delle fobie affermando che "comportamento fobico è caratterizzato sia da sforzi disperati per separarsi dall'oggetto, sia da sforzi disperati per ottenere la riunione con l'oggetto: tentativi disperati di scappare dalla prigione e tentativi disperati di ritornare a casa."
L'ambivalenza del concetto di Fairbairn si lega alla teorizzazione di Mam secondo cui la fobia serve ad evitare la caduta della scissione, se non ci fosse l'oggetto fobico l'angoscia libera tornerebbe a vagare nello spazio psichico interno rischiando di risvegliare il legame originario, dissociato dall'azione della scissione. Questo spiega il motivo per cui la nostra mente sceglie un oggetto fobico presente nella nostra vita quotidiana, che possiamo incontrare periodicamente e con cui possiamo svolgere questa oscillazione vicino-lontano. In questo modo, ci assicuriamo che l'angoscia sia saldamente legata all'oggetto fobico.
Secondo la teoria comportamentale, nel trattamento delle fobie basta concentrarsi sul falso nesso che si è creato tra ansia e situazione, non c'è bisogno di fare alcuna interpretazione. Questo tipo di approccio concentrato sul sintomo è più breve, semplice ma come tutte le scorciatoie hai i suoi grossi limiti. Lavorando sul sintomo, la persona potrebbe non aver più paura del treno, ad esempio, ma poi? Come ci ricorda Freud, l'oggetto è mobile, variabile ovvero la psiche può spostare l'angoscia libera dal treno alla galleria. Un pò come accadeva con le pazienti isteriche dei primi anni dell'ottocento, i medici si concentravano, ad esempio, sull'arto destro paralizzato che si sbloccava per poi presentarsi una paralisi dell'arto sinistro. Oltre alla mobilità dell'oggetto bisogna chiedersi, perchè si è sviluppato questo falso nesso tra ansia e situazione? E stato un caso? E chi dice che non si possano creare altri falsi nessi? Perchè alcuni sviluppano un falso nesso ed altri no? Come mai il falso nesso si è presentato oggi e non 5, 10 anni fa?
L'approccio sul sintomo lascia in sospeso tutti questi interrogativi e deve la sua diffusione ai falsi risultati prodotti. Il paziente viene considerato "guarito" se non presenta più il sintomo originario, se invece si presentano altri sintomi nuovi o un malessere generale ciò non viene considerato: è come se fosse un qualcosa di nuovo, diverso anche se in realtà è solo frutto della mobilità dell'oggetto. L'angoscia liberata dalla caduta dell'oggetto fobico, se non è stata elaborata dovrà trovare un altro modo per esprimersi. L'elaborazione consiste nel ripristinare il legame originario tra le rappresentazioni psichiche, che erano state scisse, in modo tale da poterle rimuovere. Questo procedimento può essere svolto solo se il legame originario non genera più alti livelli d'angoscia, dicendola alla Bion, se gli elementi beta (materiale psichico grezzo) sono stati trasformati in elementi alfa (materiale psichico elaborato e metabolizzato). La rimozione non significa cancellazione, dimenticanza ma mettere un contenuto mentale da parte, fare in modo che questo possa ritornare alla nostra coscienza per poi essere nuovamente rimosso, più e più volte.











